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Rivalutazione dei beni e partecipazioni al 3%

Rivalutazione dei beni materiali e immateriali nonchè delle partecipazioni con pagamento di una imposta sostitutiva del 3% (Decreto Agosto)

 

Il D.L. 14 agosto 2020, n. 104 c.d. decreto “Agosto”, introduce la possibilità per le imprese di rivalutare i beni materiali ed immateriali, nonché le partecipazioni in società controllate e collegate, senza l’obbligo di versare l’imposta sostitutiva. Questa dovrà essere versata solo per avere il riconoscimento fiscale dei beni oggetto di rivalutazione. È una grande opportunità che le imprese dovrebbero sfruttare, perché l’operazione di rivalutazione permette l’incremento del patrimonio netto che, probabilmente, nell’esercizio 2020, subirà una riduzione per effetto delle perdite d’esercizio causate dal Covid-19.

 

Premessa

L’art. 110 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104 (c.d. decreto “Agosto”), ripropone la rivalutazione dei beni dell’impresa e delle partecipazioni, con delle importanti differenze, nonché la possibilità di affrancare il saldo attivo della rivalutazione.

Si tratta di regole già conosciute, in quanto non sono altro che una riedizione della rivalutazione prevista dall’art. 1, commi da 696 a 704, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nota come legge di bilancio 2020, nonché dall’art. 1, commi da 940 a 948, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, con delle modifiche che riguardano:

  • il bilancio nel quale individuare i beni rivalutabili, ossia quello relativo all’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2019;
  • il bilancio nel quale deve essere eseguita la rivalutazione, ossia il bilancio relativo all’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019. Per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, la rivalutazione va eseguita nel bilancio 2020;
  • l’imposta sostitutiva, che è pari al 3 per cento per i beni sia ammortizzabili, che non ammortizzabili.

Rispetto alle precedenti rivalutazioni, questa introdotta con il decreto “Agosto” prevede la possibilità di iscrivere in bilancio il maggior valore dei beni, senza che tale maggior valore abbia riconoscimento fiscale. In altri termini, si effettua una rivalutazione gratuita ai soli fini civilistici.

Soggetti interessati

Usufruiscono delle nuove norme le società di capitali e gli enti pubblici e privati, compresi i trust, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, i quali possono rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni, esclusi gli immobili merce, risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 e che siano ancora presenti nel bilancio successivo a quello sul quale la rivalutazione è eseguita.

Nel decreto, al comma 7 dell’art. 110, si richiamano, in quanto compatibili, le disposizioni degli artt. 111314 e 15 della legge 21 novembre 2000, n. 342, quelle del D.M. 13 aprile 2001, n. 162, quelle del D.M. 19 aprile 2002, n. 86, nonché le norme previste dai commi 475477 e 478 dell’art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Tutte queste disposizioni, in sostanza, riguardano il regolamento recante le modalità di attuazione delle disposizioni tributarie in materia di rivalutazione dei beni delle imprese e del riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio, applicate nelle precedenti rivalutazioni.

Deve essere evidenziato che l’espresso riferimento all’art. 15 della legge n. 342/2000 comporta che rientrano tra i soggetti che possono rivalutare anche gli imprenditori individuali e le società di persone in contabilità sia semplificata, che ordinaria, gli enti pubblici e privati che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, residenti nel territorio dello Stato, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato.

Inoltre, nel passato, circa l’ambito soggettivo, l’Agenzia delle entrate, con la circolare 4 giugno 2014, n. 13/E, aveva precisato che, con riferimento alle operazioni di affitto o usufrutto, di conferimento, di fusione e scissione d’azienda, si ribadivano i chiarimenti forniti nelle precedenti circolari 19 marzo 2009, n. 11/E, e 13 giugno 2006, n. 18/E.

Si ritiene che detti chiarimenti siano validi anche per l’attuale operazione di rivalutazione.

Pertanto, nell’ipotesi di affitto o usufrutto di azienda – ove non sia stata contrattualmente prevista la deroga alle disposizioni concernenti l’obbligo di conservazione dell’efficienza dei beni ammortizzabili (art. 2561 c.c.) – la rivalutazione può essere eseguita solo dall’affittuario o usufruttuario, quale soggetto che calcola e deduce gli ammortamenti.

Al termine dell’affitto o dell’usufrutto, l’azienda sarà trasferita al concedente, comprensiva dei beni rivalutati e della relativa riserva di rivalutazione, sempre che quest’ultima non sia stata già utilizzata per copertura di perdite o distribuita. L’imposta sostitutiva riferibile alla riserva trasferita al concedente costituirà per quest’ultimo credito d’imposta.

Nella diversa ipotesi in cui le parti, in deroga all’art. 2561 c.c., abbiano previsto che il concedente continui a calcolare gli ammortamenti, la rivalutazione può essere effettuata solo da quest’ultimo.

Per quanto concerne, invece, l’ipotesi di conferimento effettuato in neutralità fiscale nel corso del 2019, si ricorda che ai sensi dell’art. 176, comma 4, del TUIR, le aziende si considerano possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente. In applicazione di tale principio di continuità del possesso aziendale, tra conferente e conferitario, deve ritenersi che il conferitario possa rivalutare i beni oggetto di conferimento, anche se gli stessi figuravano iscritti nel bilancio del conferente relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019.

Alle medesime conclusioni si perviene nell’ipotesi di fusione o scissione realizzate nel corso del 2020. In tale caso, la società incorporante o risultante dalla fusione e la società beneficiaria possono rivalutare i beni acquisiti, se gli stessi figuravano iscritti nei bilanci della società incorporata o della scissa al 31 dicembre 2019.

Si ricorda, inoltre, che, in caso di bene oggetto di un diritto di superficie, la facoltà di rivalutazione spetta, qualora il bene sia comunque relativo all’impresa, al titolare di tale diritto reale (cfr. circolari n. 11/E del 2009 e n. 18/E del 2006 ).

Ambito oggettivo

Possono essere oggetto di rivalutazione:

  • beni materiali, anche completamente ammortizzati ovvero di costo unitario non superiore a euro 516,46;
  • beni immateriali, giuridicamente tutelati, quali, ad esempio, i diritti di brevetto industriale, i diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, i diritti di concessione, licenze, marchi, know-how;
  • le partecipazioni in società controllate e collegate ai sensi dell’art. 2359 c.c., sempre che le stesse siano iscritte in bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie ed a condizione che il rapporto di controllo o di collegamento sussista almeno dalla fine dell’esercizio chiuso entro il 31 dicembre 2019 e continui a sussistere ininterrottamente alla data di chiusura dell’esercizio nel cui bilancio o rendiconto la rivalutazione viene effettuata.

Sono rivalutabili i beni in corso di costruzione per la parte iscritta in contabilità e, inoltre, i beni riscattati dalla società di leasing, in quanto solo in tale caso sono iscrivibili nell’attivo dello stato patrimoniale della società utilizzatrice.

Per i soggetti in contabilità semplificata, i beni devono risultare acquisiti entro il 31 dicembre 2019 dal registro dei beni ammortizzabili (ove istituito) e dal registro degli acquisti tenuto ai fini IVA.

Beni esclusi

Non rientrano tra i beni che possono essere rivalutati:

    • beni materiali ed immateriali alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa;
    • l’avviamento, i costi pluriennali, i beni monetari (denaro, crediti, obbligazioni, comprese le convertibili);
    • le partecipazioni che non siano di controllo o di collegamento ovvero, ancorché considerate di controllo o di collegamento, non costituiscono immobilizzazioni.

Rivalutazione dei singoli beni

Le precedenti disposizioni relative alla rivalutazione, non permettevano di effettuarla su un singolo bene, ma questa doveva riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea, intesa come comunanza di genere e natura. Inoltre, la rivalutazione dei beni facenti parte di ciascuna categoria omogenea doveva essere eseguita utilizzando un unico criterio.

Le nuove regole ammettono la possibilità di eseguire la rivalutazione distintamente per ciascun bene.

Ciò significa che, nell’ambito della categoria omogenea dei macchinari, è possibile rivalutare il macchinario che risulta ancora utile per la produzione aziendale, evitando di riallineare i valori di tutti gli altri macchinari.

Le imprese devono, quindi, analizzare bene l’utilità futura del bene da rivalutare ovvero, in caso di cessione del bene in avvenire, verificare un’eventuale corposa plusvalenza, per poi procedere alla relativa rivalutazione con versamento dell’imposta sostitutiva.

Limite economico

Per espressa previsione normativa contenuta nell’art. 11, comma 2, della legge n. 342/2000, ciascun bene può essere rivalutato e iscritto in bilancio o in inventario ad un valore non superiore a quello effettivamente attribuibile in base ai criteri ed agli elementi:

  1. della consistenza;
  2. della capacità produttiva;
  3. della effettiva possibilità di utilizzazione economica dell’impresa;
  4. dei valori correnti e delle quotazioni rilevate nei mercati regolamentati italiani o esteri.

In sostanza, si deve tenere conto del degrado fisico e del deperimento economico dovuto ad obsolescenza del bene. Ne consegue che il valore del bene da rivalutare deve essere determinato con il criterio:

  1. economico, per cui il valore da iscrivere non può superare quello attribuibile al bene. Si deve, cioè, verificare se il valore di sostituzione del bene è inferiore a quello iscritto in bilancio dopo la rivalutazione;
  2. di mercato, per cui il valore iscritto non può superare quello corrente.

Ciò porta a sostenere che non è possibile procedere alla rivalutazione dei beni il cui valore è già corrispondente a quello massimo.

L’affrancamento della riserva

Il comma 3 del richiamato art. 110 dispone che il saldo attivo della rivalutazione, anziché essere imputato a capitale o a riserva, può essere in tutto o in parte assoggettato a imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’IRAP e delle eventuali addizionali nella misura del 10 per cento. Ne consegue che, dopo l’affrancamento, il saldo di rivalutazione può essere liberamente distribuito ai soci.

Il versamento dell’imposta sostitutiva dovrà essere eseguito secondo le modalità e nei termini che di seguito saranno esaminati.

L’imposta sostitutiva è indeducibile, potendo essere imputata in tutto o in parte alle riserve iscritte in bilancio o al rendiconto.

Il riconoscimento del maggiore valore

Il riconoscimento fiscale dei maggiori valori, iscritti a seguito della rivalutazione, avviene mediante il versamento di una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP nella misura del 3 per cento, sia per i beni ammortizzabili, sia per quelli non ammortizzabili. Ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione si considera riconosciuto a partire dall’esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, ossia, per i soggetti “solari”, dal 2021.

Il riconoscimento fiscale comporta che, a decorrere dall’esercizio successivo a quello in cui la rivalutazione è eseguita, le quote di ammortamento, anche finanziario, dei beni rivalutati e le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, di cui all’art. 102, comma 6, del TUIR, nel limite del 5 per cento, sono commisurate al nuovo valore dei beni.

Periodo di sospensione

Il successivo comma 5 disciplina il caso in cui i beni rivalutati siano oggetto di specifiche operazioni prima del riconoscimento giuridico degli effetti fiscali. In particolare, viene stabilito che, laddove gli attivi vengano ceduti a titolo oneroso, assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa, compreso il consumo personale o familiare dell’imprenditore, prima dell’inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, ai fini della determinazione delle plusvalenze o minusvalenze, si ha riguardo al costo del bene prima della rivalutazione.

Decorso tale termine, quindi, il costo fiscalmente riconosciuto dei beni rivalutati, rispetto al quale determinare l’eventuale plusvalenza o minusvalenza da realizzo, terrà conto del maggior valore attribuito in sede di rivalutazione.

Il realizzo del bene rivalutato nel corso del periodo di “sospensione” comporta il venire meno degli effetti fiscali della rivalutazione con la conseguenza che, da una parte, le plusvalenze e le minusvalenze dei beni saranno determinate senza tenere conto del maggior valore iscritto in sede di rivalutazione e che, dall’altra, sarà riconosciuto in capo al cedente un credito d’imposta pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva, se versata, riferibile alla rivalutazione dei beni ceduti, ai sensi dell’art. 3 del D.M. n. 86/2002. L’imposta sostitutiva va portata ad incremento del saldo attivo di rivalutazione nella misura corrispondente al maggior valore attribuito ai beni ceduti. Contestualmente, in base al successivo comma 4 dell’art. 3 da ultimo citato, si considera “libera” la parte della riserva di rivalutazione riferibile ai beni ceduti e ad essa non si applica più la disciplina dell’art. 13 della legge n. 342/2000.

Il versamento delle imposte sostitutive

Le suddette imposte sostitutive, compresa quella riguardante l’affrancamento, possono essere pagate in più rate di pari importo. In particolare:

  • la prima rata dovrà essere versata entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d’imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita, ossia nel 2021, visto che la rivalutazione si esegue nel bilancio 2020;
  • le altre rate con scadenza entro il termine rispettivamente previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d’imposta successivi.

Gli importi da versare possono essere compensati ai sensi delle disposizioni sul versamento unitario e compensazione, recate dal D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

Soggetti IAS

Il comma 8 prevede, infine, che il riconoscimento fiscale di maggiori valori iscritti a bilancio, disposto dall’art. 14 della legge n. 342/2000 (cd. riallineamento), venga applicato anche ai soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali di cui al Reg. (CE) 19 luglio 2002, n. 1606/2002, anche con riferimento alle partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie ai sensi dell’art. 85, comma 3-bis, del TUIR, a prescindere dal fatto che dalle medesime partecipazioni derivi un’influenza dominante o notevole nell’impresa partecipata. Per l’importo corrispondente ai maggiori valori oggetto di riallineamento, al netto dell’imposta sostitutiva applicabile alla singola rivalutazione, è vincolata una riserva in sospensione d’imposta ai fini fiscali, che può essere affrancata versando l’imposta sostitutiva sul saldo attivo cumulativo della rivalutazione.

 

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