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Credito d’imposta del 60% per negozi e botteghe in affitto

Il credito d’imposta del 60% per negozi e botteghe in affitto

Premessa

Ai sensi dell’art. 65 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (cd. decreto “Cura Italia”), alle imprese spetta un credito d’imposta, a condizione che l’attività venga esercitata in immobili locati, rientranti nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe); tale bonus può essere fruito esclusivamente in compensazione, utilizzando il codice tributo 6914 (cfr. risoluzione 20 marzo 2020, n. 13/E).

Tale credito è utilizzabile in compensazione a partire dallo scorso 25 marzo 2020 e non è in alcun modo rilevante la superficie dell’immobile.

Nella categoria C/1 non rientrano solo i negozi e le botteghe, ma anche molti ristoranti, bar e pizzerie, che esercitano la loro attività negli immobili appartenenti alla citata categoria catastale. hraci automaty

 Si ricorda che tale bonus fiscale:

    • è pari al 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020;
    • spetta al conduttore;
    • non spetta per gli immobili detenuti in base ad un contratto di comodato;
    • comporta la necessità di verificare la categoria catastale dell’immobile detenuto in locazione, per valutarne la spettanza.

Accordo di riduzione del canone

Qualora a causa dell’emergenza Covid-19, per effetto di un sopravvenuto accordo fra le parti, il canone sia stato formalmente ridotto, il tax credit matura sull’ammontare del nuovo canone.

Se le parti si sono accordate per la riduzione formale del canone da 2.000 euro ad 800 euro, il credito d’imposta è pari al 60 per cento di 800, quindi pari a 480 euro.

Al riguardo si ricorda che, nel caso di accordo fra locatore e conduttore, volto a ridurre il canone di locazione inizialmente pattuito, non sussiste l’obbligo di registrazione dell’atto. In tal senso si espresse in passato l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione 28 giugno 2010, n. 60/E. Tale situazione non è da considerarsi riconducibile alle ipotesi di cessione, risoluzione e proroga, anche tacita, del contratto, che devono obbligatoriamente essere portati a conoscenza dell’Amministrazione finanziaria (artt. jackpot.pl – kasyno online z automatami 3 e 17 del TUR). Pertanto, è possibile la registrazione volontaria del nuovo accordo ai sensi dell’art. 8 del TUR, il quale prevede che, anche in assenza di un obbligo di legge: “Chiunque vi abbia interesse può richiedere in qualsiasi momento, pagando la relativa imposta, la registrazione di un atto“. È interesse delle parti, e risponde a finalità probatorie (data certa di fronte ai terzi, a norma dell’art. 2704 c.c.) attribuire certezza all’accordo, in quanto la diminuzione del canone determina la riduzione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro, dell’IVA e delle imposte sui redditi.

È quindi consigliato procedere alla registrazione dell’accordo di riduzione del canone di locazione, ai fini probatori, in caso di eventuali accertamenti da parte dell’Agenzia delle entrate. gry kasyno na telefon za darmo

Per beneficiare del credito, il canone di locazione deve essere pagato?

Posto che la norma dispone che: “ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto, per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1”, da subito gli interpreti si erano posti il dubbio se, per beneficiare del bonus, si rendesse necessario che il canone di locazione dovesse essere pagato da parte del locatario, posto che, da una interpretazione letterale, sembrava non necessario il pagamento del canone. Il problema si rendeva ancora più rilevante a seguito delle note difficoltà dei locatari di soddisfare le obbligazioni contrattuali a causa della mancanza di liquidità conseguente alla chiusura dell’attività per effetto dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

L’Agenzia, nella circolare 3 aprile 2020, n. 8/E (punto 3.1), ha risolto la questione, argomentando che la finalità della norma è quella di arginare gli effetti negativi delle misure di contenimento derivanti dall’emergenza sanitaria, e che la norma ha finalità di ristorare il locatario del costo sostenuto per pagare il canone di locazione.

Partendo da tali assunti, è stato affermato che il credito d’imposta maturerà solo a seguito del pagamento del canone di locazione.

In sostanza, per avere diritto al credito d’imposta, è necessario dimostrare di avere effettuato il pagamento del canone di locazione (a parere di chi scrive, è opportuno effettuare il pagamento con modalità “tracciate”, per evitare futuri rilievi da parte dell’Amministrazione finanziaria, nel caso di ispezioni e controlli fiscali).

– Il canone di locazione relativo al mese di marzo 2020, pari a 2.500 euro, è stato pagato in data 31 marzo 2020. A partire da tale data, sorge il diritto ad utilizzare in compensazione il credito d’imposta;
– il canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 è pari 2.000 euro; il pagamento avverrà in data 15 aprile 2020. Solo a partire da tale data, il bonus può essere usato in compensazione.

In considerazione dei chiarimenti dell’Agenzia nella circolare n. 8/E del 2020 , il credito d’imposta spetta anche qualora i canoni di locazione siano corrisposti tardivamente, per effetto dell’eventuale impossibilità temporanea della prestazione sopravvenuta ai sensi dell’art. 1256, secondo comma, c.c. (a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19).

Il credito d’imposta spetta per immobili appartenenti ad una categoria catastale diversa da C/1?

Un’altra questione posta dagli operatori economici e dalla stampa specializzata era determinare se il bonus fiscale spetti anche per canoni di locazione relativi ad immobili appartenenti a categoria catastale diversa dalla C/1. Interpretando in modo letterale la norma, non vi era dubbio alcuno che la risposta fosse negativa, ma, considerando il momento del tutto particolare e l’aspetto “sostanziale” della fattispecie, poteva sorgere qualche dubbio. Sulla base di tali motivazioni, è stato chiesto all’Agenzia se il credito d’imposta sia spettante anche per gli immobili rientranti nella categoria catastale D/8, quindi una categoria non espressamente prevista dal suddetto articolo, che individua: “Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni”.

L’Agenzia delle entrate ha fornito risposta negativa alla domanda, affermando che sono esclusi dall’agevolazione i contratti di locazione di immobili rientranti nelle altre categorie catastali rispetto alla C/1.

Purtroppo, per effetto dell’interpretazione “letterale” della norma, le imprese che esercitano l’attività in un immobile in locazione di categoria catastale diversa da C/1, quali, ad esempio:

  • C/3: “Laboratori per arti e mestieri” (ad esempio, per artigiani e forni/panifici);
  • C/2: “magazzini”;
  • A/10: (uffici);
  • D: quali, ad esempio: palestre (D/6), cinema e teatri (D/3), o negozi dei centri commerciali (se classificati, D/8), tutte attività obbligate alla chiusura come conseguenza dell’emergenza sanitaria;
  • alberghi.

Posto che tale interpretazione è da considerarsi corretta dal punto di vista letterale, ma “sostanzialmente” non corretta, in quanto sottrae un beneficio a soggetti che ne potrebbero “legittimamente” usufruire, sarebbe opportuno che, in sede di conversione in legge del decreto legge, si procedesse a porre rimedio a tale situazione. La fattispecie è oggetto di numerosi emendamenti, volti ad ottenere un ampliamento delle categorie catastali interessate e l’estensione dell’agevolazione anche agli studi professionali. Infatti, moltissime imprese e professionisti, pure se non hanno dovuto interrompere l’attività ex lege, hanno proseguito la loro attività a “ritmo ridotto” (a prescindere dalla categoria catastale dell’immobile).

Attività esercitata – Fattispecie di non spettanza

È di fondamentale importanza verificare l’attività esercitata dal soggetto economico; infatti, il credito d’imposta non spetta a coloro che esercitano le attività indicate negli Allegati 1 e 2 al D.P.C.M. 11 marzo 2020 (quindi, alle attività che sono state identificate come essenziali, tra cui farmacie, parafarmacie, edicole, supermercati e punti vendita di generi alimentari di prima necessità), i quali hanno continuato a esercitare la loro attività.

– Un ristorante ovvero un bar che esercitano la propria attività in un locale C/1, detenuto in locazione, possono usufruire del credito d’imposta, in quanto attività sospesa dal richiamato decreto. Ad analoghe conclusioni si perviene per parrucchieri, barbieri, estetisti;
– un supermercato ovvero un’edicola non possono fruire del credito d’imposta, in quanto rientranti nei soggetti esclusi dalla sospensione dell’attività.

Consegna a domicilio

Un aspetto assai delicato, che si è di recente manifestato, è quello di stabilire se il credito d’imposta spetti anche ai soggetti che non possono esercitare l’attività, in quanto considerate non essenziali (ad esempio, ristoranti e pizzerie), ma hanno valutato di continuarein modo diverso, la loro attività, grazie alla consegna a domicilio, per fare fronte all’inevitabile riduzione di ricavi subita da tali soggetti. In tale fattispecie, a parere di chi scrive, il credito d’imposta dovrebbe spettare, in quanto la misura del 60 per cento del credito d’imposta è stata stimata ipotizzando che, per circa il 60 per cento del tempo, non sia stato possibile esercitare l’attività, fattispecie che ampiamente si verifica nel caso di un ristorante/pizzeria che effettua la consegna a domicilio dei pasti (generalmente a pranzo e/o a cena). Ma sul punto è opportuno attendere quale sia l’orientamento dell’Amministrazione finanziaria.

Affitto ramo d’azienda

La dottrina e gli operatori economici si sono posti il dubbio se il credito d’imposta, commisurato al “canone di locazione”, potesse essere riconosciuto anche per gli immobili la cui disponibilità fosse ottenuta con la stipula di un contratto di affitto d’azienda ovvero di un ramo d’azienda, dove fosse presente un immobile C/1. Purtroppo, il MEF, con propria FAQ, ha formulato una risposta negativa al dubbio, affermando che il bonus in esame non spetta nel caso di contratti di affitto di ramo d’azienda o altre forme contrattuali che regolino i rapporti tra locatario e proprietario per gli immobili ad uso commerciale.

La risposta è indubbiamente corretta dal punto di vista interpretativo letterale, ma risulta essere in evidente contrasto con la ratio della norma, che intende ridurre il danno conseguente all’imposizione della chiusura dell’attività.

Di tale danno ha risentito un commerciante obbligato alla chiusura temporanea dell’attività, che utilizza un immobile C/1, compreso in un contratto di affitto d’azienda/ramo d’azienda. Costui ha, infatti, subito un danno analogo al soggetto che utilizza lo stesso immobile sulla base di un contratto di locazione.

È auspicabile che la questione venga risolta in sede di conversione in legge del D.L. n. 18/2020.

Altre ipotesi di non spettanza

Il credito d’imposta non spetta:

    • ai professionisti (tale esclusione consegue a un’interpretazione letterale della norma, anche se la relazione tecnica evidenzia che il credito d’imposta spetta ai “soggetti titolari di partita IVA”). Sul punto sono stati presentati degli emendamenti, volti a superare tale preclusione;
    • ad enti non commerciali (salvo il fatto che non esercitino attività d’impresa).

Locazione congiunta di pertinenze

L’Agenzia dovrà chiarire come comportarsi in presenza di pertinenze locate congiuntamente al negozio (C/1).

Si pensi a un negozio con annesso deposito, censito nella categoria catastale C/2.

Particolare attenzione dovrà essere posta al caso in cui, piuttosto frequente nella pratica, il contratto di locazione non preveda una differenziazione del canone e, quindi, sia indicato in contratto in modo indistinto. In tale fattispecie, la soluzione che appare più percorribile è quella di suddividere il canone di locazione proporzionalmente alle rendite catastali, per poi calcolare il bonus solo sulla parte di canone relativa all’immobile C/1.

Al contrario, nel diverso caso in cui il contratto preveda un separato canone per ciascuna unità immobiliare, il credito d’imposta è da calcolarsi esclusivamente sulla parte di canone relativa all’immobile C/1.

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